Sulle sponde del lago di Castel Gandolfo avvenne nel 1955 un fatto di cronaca nera che a distanza di oltre sei decenni è rimasto ancora parzialmente irrisolto. Stiamo parlando del mistero della decapitata del lago la cui testa, ad oggi, non è mai stata ritrovata. Ripercorriamo i fatti: il 10 luglio del 1955 Antonio Solazzi e Luigi Barboni si trovavano con la loro barca nel lago di Castel Gandolfo. Si fermarono a riva presso Acqua Acetosa e lì Antonio Solazzi rinvenne un cadavere femminile decapitato. Il corpo si presentava nudo eccetto che per un orologio e una copia del Messaggero datato 5 luglio 1955 che copriva la parte superiore del corpo il quale si presentava in avanzato stato di decomposizione. I due spaventati dal macabro ritrovamento avvisarono le Forze dell’Ordine solo il 12 luglio. i Carabinieri accertarono che la donna, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, venne accoltellata più volte all’addome e alla schiena e poi decapitata. Dagli accertamenti eseguiti sul luogo si dedusse che il taglio della testa della povera donna avvenne nello stesso punto dove venne poi ritrovato il cadavere poiché il terreno era intriso di sangue fino a una profondità di oltre dieci centimetri. In seguito, l’autopsia rilevò un aborto recente e si capì anche la testa venne asportata con una tecnica chirurgica il che fece cadere i sospetti sulla classe medica. Il pessimo stato di conservazione del corpo ne rese difficile l’identificazione, ma l’orologio ritrovato al polso della donna si rilevò di fondamentale importanza per arrivare al nome della vittima. Si trattava di un orologio di marca Zeus prodotto in soli 150 esemplari. Gli inquirenti iniziarono quindi le indagini sulle gioiellerie di Roma e dintorni e confrontarono le denunce di persone scomparse depositate nelle settimane precedenti. Questa indagine incrociata arrivò ad un nome: Antonietta Longo, che lavorava come domestica nell’abitazione del dottore Cesare Gasparri. I riscontri eseguiti poi a casa del datore di lavoro della donna diedero conferma sulla identità della salma. Si trattava proprio di Antonietta Longo nata il 25 luglio 1925 in provincia di Catania a Mascalucia. I Carabinieri ricostruirono gli ultimi giorni di vita di Antonietta. Da quanto venne ricostruito parve che la donna fosse caduta vittima di un uomo, un certo Antonio, che le truffò oltre 300.000 lire (somma ingente nel 1955) con una falsa promessa di matrimonio. Questa tesi venne anche supportata da una lettera che la vittima inviò alla sua famiglia dove dichiarava di essere prossima al matrimonio oltre che dal ritrovamento nel deposito bagagli della stazione Termini di una valigia con un corredo matrimoniale al suo interno. A quanto parve Antonietta Longo capì le intensioni di Antonio e lo minacciò di denuncia. Questa minaccia fu la causa della morte di Antonietta che era anche in gravidanza. Nonostante gli indizi a suo carico non furono trovate prove certe contro Antonio che quindi non subì mai nessun processo. La testa della donna non venne mai trovata. Nel quadro delle indagini della donna si aggiunse anche una nota scura. Dopo la morte della Longo venne trovato morto un brigadiere che stava partecipando alle indagini. Il corpo di Mario Laganà venne rinvenuto in un punto non lontano dove venne ritrovata la Longo e si presentava con mani e piedi legati con il filo di ferro e avvolto in una coperta. In seguito, nel 1987 un pescatore trovò un teschio e ciò fece pensare che dopo oltre trenta anni in caso si sarebbe chiuso, ma così non fu perché tale teschio apparteneva ad un uomo. Oggi il corpo di Antonietta riposa nel cimitero di Mascalucia e il suo orologio Zeus si trova conservato al Museo Criminologico di Roma: un ex carcere minorile sito tra via del Gonfalone e via Giulia.
Danilo Governatori
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