Complimenti innanzitutto per la bella storia che hai raccontato, con una scrittura secca, diretta, quasi una sceneggiatura…
Grazie. Amo scrivere in maniera semplice così da arrivare a tutti. L’idea di questo romanzo e tutta la sua storia sono passate davanti ai miei occhi proprio come un film. Il fulcro di tutto è Adele e la sua avventura, ma poi le pagine si popolano di altri personaggi e altre storie. Ho lasciato ampio spazio ai dialoghi perché così sono proprio le diverse psicologie ad emergere senza che io intervenga e ho utilizzato molti aforismi perché credo che la vita sia così: una lunga equazione da risolvere per ritrovarci poi in mano una soluzione data da un numeretto che sintetizza tutto, proprio come fa l’aforisma. E ho scelto la forma del diario perché così Adele può mostrarci quei frammenti di vita per lei importanti. Una scelta che ho fatto anche ispirandomi e omaggiando la piccola Anna Frank.
Quanto c’è di autobiografico nel tuo romanzo d’esordio?
Lo spunto autobiografico principale è la vicenda dell’adozione. Anche io sono stata, in un certo senso, adottata, da parte di madre. Ho perso mia mamma a 5 anni, poi ho vissuto con mia nonna e dopo con la seconda moglie di mio padre, che mi ha praticamente cresciuto come una figlia e che io chiamo “mamma”. È un’esperienza parziale rispetto a quella di Adele, ma quel desiderio di ricercare le origini, le somiglianze, le radici, l’ho nutrito sempre anche io. Poi ci sono altri piccoli particolari, come il fatto di leggere tanti romanzi, di farlo sulla magnolia, la casa in cui vive – che è la descrizione della villa dei miei nonni paterni – il voler diventare medico (perché sarebbe stata la mia alternativa). Infine, il modo di amare e di concepire l’amicizia.
Nel tuo libro il filo conduttore è l’adozione dei minori, un tema complesso che si può prestare a facili strumentalizzazioni…
In Italia il tema dell’adozione è un tema caldo, dibattuto e purtroppo c’è molto da fare ancora perché per adottare servono troppi soldi, troppo tempo e troppa burocrazia. Il mio romanzo non ha intenti polemici né sfondi “politici” per così dire, affronta il tema dell’adozione da parte dell’adottato, cioè di chi perde i propri genitori o viene abbandonata, e ci racconta e mostra cosa si prova. Accenno soltanto al preadozione, a tutto quello che c’è dietro il coronamento di un sogno da parte di una coppia adulta e la salvezza da parte di un bambino che sarebbe altrimenti destinato a trascorrere la vita in una casa famiglia, nel migliore dei casi.
Lo scorso 26 giugno una ordinanza della Cassazione ha rilevato che nell’adozione è importante la qualità del legame per “salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando (e non certo tra quest’ultimo ed i genitori naturali)”. Cosa ne pensi?
Sono assolutamente d’accordo. Inizio un capitolo con una citazione di Oprah Winfrey (conduttrice televisiva statunitense, ndr): “La biologia è l’ultima cosa che rende qualcuno una madre”. Il regalo più bello che si possa fare ad un bambino che non ha più i genitori per qualsiasi motivo è quello di dargli amore, il calore e la sicurezza di una casa, un piatto caldo, un posto dove dormire, lavarsi, sentirsi protetto e coccolato, sfogarsi e rinchiudersi quando la giornata gira storta o il mondo non lo comprende. E una volta individuati i genitori non biologici che possono assurgere a questo ruolo, va garantita la continuità del legame stabilito sopra ogni altra cosa o interferenza.
Quindi sei favorevole alle adozioni di bambini a single e coppie di fatto?
Assolutamente sì ai single perché tante mamme e tanti papà crescono i figli da soli. Quindi se ciò accade per vie naturali va bene e l’assistente sociale non interviene, invece se ciò accade per vie “legali” non è possibile? In altri paesi europei l’adozione ai single è consentita. Rimane un dibattito aperto quello dell’adozione da parte delle coppie gay. Non sono contraria alle unioni civili, ognuno può amare chi e come vuole. Certo è che preferisco un bambino felice ed amato da una coppia gay, che lasciato solo e senza una famiglia.
Un altro tema del tuo romanzo, ci è sembrato, è il disperato bisogno d’amore e la dolorosa solitudine della protagonista…
Adele ha un cuore puro e un animo profondo. È una ragazza, è giovane e ha un disperato bisogno di amare e di sentirsi amata: un po’ perché è naturale, a tutte le età, e poi perché l’atroce scoperta che ha fatto l’ha messa a nudo, l’ha resa ancora più autentica e fragile e più a contatto con i suoi desideri. Crede nell’amore anche se lo nega e mette l’amicizia al primo posto, come un valore inestimabile. L’amica è colei che le fa vedere l’arcobaleno quando è immersa nella tempesta delle emozioni. Con l’amicizia combatte il senso di solitudine.
A pagare il prezzo più alto comunque sono sempre loro, i bambini, ostaggi delle vendette e delle ripicche dei cosiddetti adulti, perlopiù uomini. Sei d’accordo?
Sì e questo discorso vale sia per le adozioni sia per i divorzi e i maltrattamenti. Un bambino adottato acquista una nuova famiglia, una nuova casa e si vede garantita una vita diversa, ma il dolore rimane, quello che hai dentro e ti forgia la personalità. I genitori che perdono la patria potestà perché vittime della droga o incastrati in altre situazioni legate alla malavita hanno agito senza pensare al bene dei propri piccoli. Ma non si fa male ai bambini solo abbandonandoli. Facciamo del male anche quando li ignoriamo, non giochiamo con loro, usiamo la violenza. E i genitori feriscono i bambini quando si separano, specialmente se non di comune accordo e non in armonia. La coppia diviene un punto di riferimento per il bambino e se tradiamo la sua fiducia, lo perdiamo per sempre.
Simone Martini
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