Intervista allo scrittore Aldo Onorati
Di Maurizio Bocci
È superfluo dilungarci su una biografia di Aldo Onorati. Egli è talmente noto che possiamo passare subito al tema della nostra intervista. Dirò solo che, fra le sue tante attività nel settore letterario, ha curato diversi libri in dialetto e sul dialetto dei Castelli e di Albano in particolare.
D.- Perché i vernacoli stanno scomparendo?
R.- Perché la lingua nazionale è il tramite per farsi capire da tutti gli italiani, cosa che non sarebbe possibile se, per esempio, il telegiornale fosse parlato in uno dei tantissimi dialetti della penisola. I mezzi di comunicazione di massa, la scuola e gli spostamenti continui, i matrimoni “misti in fatto di regioni” etc. annacquano i vernacoli fino a snaturarli. Però io credo che pure l’Italiano stia correndo rischi, poiché l’Inglese entra dappertutto ed i telefoni etc. stanno creando un’altra lingua. I neologismi sono talmente numerosi, che il vocabolario tradizionale senza l’aggiunta del dizionario aggiornato, serve a poco.
D.- Però tanti trascrivono il dialetto per non farlo sparire…
R.- Sì, ed è un fenomeno in crescita: vocabolari gergali, grammatiche, poesie, racconti, ma ciò presenta un limite: come si può far sentire la “calata dialettale”? Come si fa a indicare suoni che in italiano non si trovano? Finisce che questi sforzi risultino destinati a un piccolo gruppo di amatori.
D.- Il ritorno ai dialetti è nato con il Neorealismo, perché il regime aveva combattuto i vernacoli. Perché questo interesse rinnovato è in crescita?
R.- Perché l’idioma materno non è l’Italiano, che è una “superlingua”, ma il gergo locale. Ognuno ha bisogno delle proprie radici per crescere, anzi: per vivere. Il dialetto è un’identità di una gente, di una comunità; è il documento vivente e corale di una civiltà. Perdere tanto bene è come rimanere orfani. Secondo me, il dialetto si dovrebbe insegnare a scuola e compararlo con la lingua nazionale. Specie noi dei Castelli che parliamo ancora con termini e strutture latine!
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