Il 17 maggio, nella Sala della Regina di Montecitorio, ci sarà la presentazione del Rapporto annuale 2017 dell’ISTAT, che tratterà la situazione del nostro Paese.
Nell’attesa di vedere i dati che emergeranno, per ora utilizziamo i dati tratti dal Rapporto sull’area metropolitana romana pubblicato ad Ottobre 2015, ma con dati risalenti in parte al 2011, concentrandoci su un fenomeno che ci è tanto caro qui ai Castelli: il pendolarismo.
Tralasciando gli studenti, che rappresentano un pendolarismo “positivo”, dal momento che si muovono verso Roma per andare all’Università o in qualche indirizzo scolastico che non si trova sul nostro territorio, prendiamo da parte i lavoratori, che sono indice, invece, di una tendenza molto poco positiva delle nostre zone. Vale a dire, la scarsità di lavoro.
Più un abitante è costretto ad allontanarsi per andare a lavoro, più si ha il segnale di un mercato poco flessibile. Tante persone che si spostano sovraccaricano inevitabilmente le infrastrutture (strade e mezzi pubblici), generando traffico, inquinamento, dunque allungando i tempi di percorrenza, ammalandosi, aumentando il rischio di sinistri stradali, e ‘sovrappopolando’ i mezzi pubblici, che diventano sempre più inadeguati a gestire il flusso di persone.
La Capitale, per quanto riguarda la capacità di dare lavoro, è fenomenale: tra i residenti, ben il 95,8% ha lavoro nella propria città. In peggioramento, però, i tempi di percorrenza, in particolar modo per quella buona metà di romani che devono compiere spostamenti consistenti a Roma, dovuti al fatto che molti oggi vivono in periferia, causa costi più contenuti, e tornano in centro solo per lavoro.
Tuttavia, questa dinamica città è capace di attrarre ben 7 volte di più di tutti gli spostamenti di cittadini romani che genera.
E allora, in che misura questi pendolari attratti dalla Capitale ci appartengono?
Innanzitutto occorre specificare che i pendolari dei Castelli, laddove presenti, preferiscono muoversi in auto o scooter: lo dimostra, tra l’altro, la quantità di mezzi privati pro capite, che tende ad essere maggiore in quei Comuni mal serviti dai mezzi pubblici. A Roma si ha una media di 80 auto ogni 100 abitanti, al punto che la metà del suolo stradale è dedicato a parcheggi e segnaletica, e una media di poco superiore è mantenuta nei nostri Comuni, con picchi importanti (a volte superiori al 95%) nelle zone della provincia limitrofe ai Castelli.
Considerando che un terzo dei pendolari sono studenti, e i restanti due terzi lavoratori, su 7.452 (al 2011) pendolari che da Marino si spostano verso Roma, potremmo dire che quasi 5000 sono lavoratori. Nel complesso, i pendolari che ogni mattina escono da Marino sono 12.240, circa il 32% della popolazione, a cui vanno aggiunti quelli che devono spostarsi tra il comune e le frazioni, che rappresentano un altro 20%. La capacità di autocontenimento del Comune di Marino e di quelli limitrofi, tutti comuni di “I corona”, ossia quelli attigui al ‘perimetro’ di Roma, è compreso tra il 26,5 e il 40%, percentuali piuttosto basse, se consideriamo che questi comuni contengono il 48,8% della popolazione della provincia romana, tra cui Marino si distingue tra i 6 comuni più densamente popolati. La capacità di trattenere i cittadini nel medesimo comune di residenza aumenta nei comuni di “II corona”, come ad esempio Velletri, dato positivo per questi ultimi, ma negativo per i comuni di “I corona”, poiché indica come questi si stiano trasformando sempre di più in grandi periferie della Capitale, indipendenti nella gestione degli affari comunali, ma di fatto dipendenti da un punto di vista lavorativo e di servizi altamente qualificati. L’elevato tasso di ‘fuga’ dalla città di residenza, tra l’altro, non è per nulla equiparabile al bassissimo tasso di attrazione che i nostri comuni vantano, almeno da un punto di vista lavorativo.
Come interpretare questi segnali?
Innanzitutto, possiamo individuare un fallimento dei mezzi pubblici, poiché nel 2017 i pendolari continuano a non essere incentivati nell’utilizzarli, segno di inadeguatezza degli stessi. Questa scarsa affidabilità di treni e autobus, alla fine, si ripercuote sulle strade, spesso congestionate e fonte di traffico e ritardi.
Secondo poi, la necessità di uscire dal comune di residenza mostra come le attività produttive stiano progressivamente perdendo dinamicità, facendo diminuire la capacità occupazionale.
È davvero così difficile trovare una soluzione?
Forse investire su delle infrastrutture proporzionate agli abitanti è quanto di più semplice da cui iniziare, a cui si devono accompagnare delle scelte politiche competenti, che non guardino all’immediato futuro, ma che pensino degli effetti positivi a lungo termine.
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