An illustrated radiation symbol on a yellow traffic sign against a vivid blue sky.
La Voce dei Castelli ha ormai a cuore il tema del radon nei nostri Castelli Romani: la domanda che ci siamo posti questa volta riguarda la presenza del radon nelle acque.
Il radon, di norma, utilizza i fluidi contenuti nelle rocce porose per risalire gli strati della crosta terrestre. Sebbene la capacità di questo gas di legarsi alle molecole di fluido vari sensibilmente in base alla pressione e alla temperatura dello stesso, resta il fatto che, una volta raggiunti gli strati più superficiali della crosta terrestre, esso è in grado di contaminare anche le falde acquifere. Le acque a contatto con rocce granitiche sono quelle che possono contenere una concentrazione maggiore di Radon: si consideri che in media si superano i 296 Bq/l, ma esisitono casi di 55000 Bq/l, quantità che contrastano sensibilmente con la concentrazione di radon nelle acque a contatto con rocce basaltiche, che si aggira tra i 10 e i 20 Bq/l, quantità assolutamente trascurabile.
Niente allarmismo, tuttavia: nessun pozzo a concentrazione media ci sconvolgerà la vita, perché occorre una concentrazione pari a qualche migliaio di Becquerel in un litro d’acqua per ottenere lo stesso dannoso effetto di una concentrazione nell’atmosfera di poche centinaia di Bq/m³. Tuttavia, non bisogna dimenticare che un corretto monitoraggio è sempre necessario, per evitare il rischio di bere acqua potabile radioattiva.
A cosa può esserci utile, inoltre, una misurazione del radon nelle falde acquifere, prescindendo dai motivi di salute?
Sorprendentemente, degli studi per la prevenzione dei terremoti hanno fatto notare come il radon si comporti in maniera anomala prima che avvenga un sisma, diminuendo la sua concentrazione qualche mese prima, per poi innalzarla repentinamente a poche ore dal sisma.
Negli USA un programma di monitoraggio delle acque, avviato nel 1975, portò a risultati soddisfacenti per quanto riguarda l’attività della Faglia di San Andreas. In Italia, invece, non sono mai stati effettuati dei rilevamenti capillari sulle acque sorgive e di falda, sebbene dei pozzi monitorati vicini a Roma e Rieti abbiano mostrato significative variazioni prima del disastroso terremoto in Irpinia, il 23 novembre 1980.
In un territorio vulcanico come il nostro, ci domandiamo se non possa essere necessario pianificare seriamente un programma di misurazione – costante e con criteri sistematici – del radon nelle acque, al fine di prevenire l’imprevedibile. Noi possiamo farlo, grazie anche al centro ENEA di Frascati, che già alla fine degli anni ’90 aveva predisposto un locale in laboratorio con dei sistemi di monitoraggio specifici, che erano stati utilissimi all’Ing. Gianfranco Galli (dalla cui tesi di Dottorato abbiamo tratto i dati di questo articolo) per lo sviluppo delle sue ricerche sulla misura del radon nelle acque.
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