“Volevamo sposarci, avere un figlio, costruire una famiglia […] Matteo amava il suo lavoro, ma mi raccontava che talvolta è pericoloso. E ora, dopo quello che è successo, mi viene da dire che quel lavoro può anche essere una m…”
Così Valentina, fidanzata di Matteo Demenego, scrive dopo la tragica scomparsa del suo amato. Accanto a lei si stringe tutto il popolo delle forze dell’ordine, con le bandiere a mezz’asta e una fiaccolata organizzata dal Sindacato Autonomo di Polizia nei giorni immediatamente successivi al decesso. Accanto a lei si stringe idealmente ogni ragazza che ha amato un ragazzo. Compiange Matteo chi come lui era tifoso della Roma, come testimonia quella sciarpa sulla sua bara. Chi sente quell’amor di patria raccontato dal tricolore sopra la sua cassa. Compiange Matteo chi come lui ha avuto trentun anni e anche chi non vi è ancora arrivato. Lo ricordano al suo funerale più di duemila persone che con Matteo hanno condiviso la provenienza veliterna. Piange per Matteo assieme a Valentina chiunque abbia voluto bene a una persona. Chi è padre o madre, amico o collega, fidanzato, marito o moglie o vicino di qualcuno. Piangiamo (vale qui come esortazione) tutti. Piange qualsiasi ragazzo che come Matteo abbia un venerdì sera indossato una divisa e un paio di scarpini per un calcetto con gli amici; chi al ricordo di una serata, di un avvenimento della propria vita, di un piccolo momento di felicità, sorride. Piange chi ha vissuto, perché una persona è morta. Lo bandiamo perché mostra le nostre debolezze, ma questo pensare non è sentimentalismo. La sola cosa che tutti abbiamo in comune, la nostra condizione di fronte alla morte, è in grado di muovere e commuovere tutti, è il nostro essere uomini. Ci fa dimenticare per un attimo della società della concorrenza in cui siamo tutti contro e ci avvicina.
Anche chi non conosceva Matteo è profondamente mosso dagli avvenimenti di Trieste. Anche i meno patriottici, i laziali, i non velletrani, i più diversi da Matteo lo piangono in quanto uomini. E anche noi ci uniamo a chi lo ha voluto ricordare con una fiaccolata il 7 ottobre e agli oltre duemila che, dieci giorni più tardi, hanno dato a Matteo l’ultimo saluto, un fiore, i propri omaggi. E’ morto un uomo come noi.
Giovanni Sparvieri
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