Le colline romane che affascinarono Stendhal, Goethe, Byron e tanti altri, hanno esercitato da sempre un irresistibile richiamo per gli abitanti della vicina Roma e per i suoi illustri ospiti. Quando verso la metà di giugno arrivava il primo caldo, le poche ore fresche della mattinata portavano poco sollievo, e per i romani, sin dai tempi più remoti, iniziava il momento giusto per trasferirsi nelle residenze estive in collina.
I luoghi eletti dai personaggi più illustri dell’Urbe per l’insediamento delle loro ville rustiche erano sui Colli Albani e sui Colli Tuscolani, scelti sia per la loro vicinanza a Roma e sia per l’amenità del paesaggio e la bontà del clima.
Dopo i tranquilli secoli della Pax Romana, la caduta dell’Impero Romano segnò un periodo particolarmente drammatico per Roma e i villaggi circostanti.
A riscoprire i colli della campagna romana e a farli conoscere come culla della cultura latina fu papa Pio II Piccolomini, ma il più grande impulso alla villeggiatura ai Castelli lo diede papa Urbano VIII quando nel 1628 decise di spostare la sede delle vacanze estive dei pontefici a Castel Gandolfo.
Un altro periodo di grande notorietà dei Castelli Romani fu intorno alla fine del XVIII secolo, quando iniziò il fenomeno del Grand Tour d’Italie: una specie di pellegrinaggio culturale di artisti stranieri alla riscoperta di paesaggi e di monumenti decantati dai testi classici dell’epoca romana.
Ma i Castelli Romani non diventarono soltanto meta dei viaggiatori stranieri, perché anche l’aristocrazia e l’alta borghesia romana scoprirono la possibilità di godere di accoglienti luoghi di villeggiatura a due passi da casa, luoghi dove riposarsi continuando a frequentare la società cittadina.
Le località dove risiedere erano soprattutto Frascati e Albano, le più vicine alla città, ma, in seguito, anche Grottaferrata, Castel Gandolfo, Genzano, Marino e, soprattutto, Rocca di Papa furono prese d’assalto dai villeggianti romani.
Visitatori e vacanzieri, che alloggiavano in appartamenti presi in affitto o in locande, si affiancarono così ai nobili e agli alti prelati che soggiornavano nei migliori alberghi o che si trasferivano da giugno a ottobre nei loro casini di diporto, normalmente all’interno dei centri storici, o nelle lussuose residenze gentilizie poste fuori dal paese.
L’economia locale ebbe in quel periodo un forte sviluppo, perché non solo il settore turistico trasse vantaggio da questo nuovo stile di vita dei romani, ma i vantaggi interessarono anche il commercio, l’agricoltura e l’industria alimentare. Alberghi, piccole pensioni e, soprattutto, ristoranti e modeste trattorie proliferarono in tutti i borghi castellani, contribuendo a sostenere l’economia locale.
Questo periodo storico, così importante per lo sviluppo sociale ed economico dei Castelli Romani, l’ho raccontato nel mio libro “Andavamo in vacanza ai Castelli”, che sarà pubblicato nei prossimi mesi e nel quale, avvalendomi dell’illustrazione di più di 180 cartoline dell’epoca, descrivo l’epoca in cui i Castelli Romani erano la meta di villeggiatura preferita dall’aristocrazia e dalla borghesia romana.
Per i lettori della “Voce dei Castelli” dal prossimo numero racconterò vicende e divertenti aneddoti di alcune delle quattordici cittadine dei Castelli.
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